Dire a qualcuno di fare qualcosa non significa essere un leader (Wolf. J Rinkle).
Un vero leader guida (e non comanda) il suo team, e ha le doti cognitive – ma anche e soprattutto emotive – per risolvere la confusione e prendere decisioni razionali, senza mai perdere di vista l’obiettivo.
Ecco, nel concreto, come fare.
Essere leader
Prima di iniziare bisogna tracciare una netta linea di separazione tra dirigenza e leadership. Per essere dirigenti basta “comandare”; per essere leader serve molto di più.
La figura del leader serve a tenere le redini dell’azienda, riuscendo a tirare fuori il meglio di ognuna delle persone che ne fanno parte. Per fare ciò bisogna orientare le emozioni in positivo, comunicando e trasmettendo positività: “Lo spirito creativo si afferma dove regna la serenità” (Le Corbusier).
Vediamo quindi tutte le caratteristiche fondamentali che un vero leader deve possedere (e affinare).
Prendere scelte razionali: l’intelligenza cognitiva del leader
Il leader, per definizione, è la figura nell’azienda che detiene il potere decisionale. Questo più che un potere è una responsabilità. Avere un’azienda – grande o piccola che sia – significa trovarsi quotidianamente a fare delle scelte. Scelta dopo scelta si determina il successo o il fallimento dell’azienda, quindi anche la scelta più “banale” diventa determinante. Una volta preso coscienza di questa enorme responsabilità, come scegliere razionalmente?
Un vero leader si informa consapevolmente prima di prendere decisioni. Non esistono decisioni emotive, prese d’impeto. Esistono solo decisioni ponderate e ragionate valutando tutte le possibili ripercussioni.
Immaginiamo di trovarci di fronte a un problema: come deve agire il leader?
- Riconoscere il problema: riconoscere di avere un problema è il primo passo. Il secondo è andare a ritrovarne la fonte, e farlo senza “scaricabarile”: un vero leader sa riconoscere se la responsabilità è la propria.
- Analizzare del problema: dopo aver individuato il problema, bisogna sviscerarlo andando a trovare tutte le cause e le conseguenze.
Trovare una soluzione (ovvero prendere una decisione): scegliere spesso vuol dire cambiare, e la misura dell’intelligenza cognitiva sta proprio in questo: cambiare quando è necessario (ce lo insegna Einstein).
Creare risonanza: l’intelligenza emotiva del leader
“Un capo qualunque fa sì che gli altri pensino che il capo sia straordinario. Un capo straordinario fa sì che gli altri pensino che loro stessi sono straordinari” (Hagerty).
Un’azienda è prima di tutto composta da persone e le persone sono composte prima di tutto da emozioni. Al leader sta un importantissimo compito: gestire il tono emozionale all’interno del proprio ambiente di lavoro.
Per fare ciò bisogna prima tutto imparare a conoscere e governare le proprie emozioni. Un leader che governa prima sé stesso riesce a creare risonanza positiva nel gruppo e nell’intera azienda. Questa dote può essere riassunta in una singola parola: autocontrollo. Bisogna però ricordare che avere autocontrollo non vuol dire spegnere i sentimenti e cadere nell’apatia, ma al contrario riconoscerli e decidere razionalmente come esprimerli, sia verbalmente che non verbalmente. Infatti, possiamo esprimere un messaggio nella maniera più empatica possibile, ma se il nostro linguaggio del corpo va in conflitto con quello che diciamo a parole, tutto diventa vano: le emozioni negative si sprigioneranno ugualmente.
Solo una volta acquisito il pieno controllo di se stessi si può pensare di gestire il tono emozionale e le relazioni all’interno del proprio team. Se per gestire se stessi ci vuole autocontrollo, per gestire gli altri ci vuole empatia. I responsabili dell’empatia sono i neuroni a specchio: grazie ad essi riconosciamo le emozioni altrui, che suscitano in noi una risposta empatica. In poche parole, ci mettiamo nei panni degli altri, vivendo le loro situazioni come se fossero le nostre. Questo ci permette di trattare le persone come individui e non come oggetti: piuttosto che aggredire e sminuire, un leader empatico riconosce l’unicità di chi ha davanti e la valorizza, facendo uscire fuori il meglio di chi ha intorno.
Un leader con queste capacità è risonante come una campana: riesce a vibrare positivamente e portare tutti i suoi collaboratori sulla stessa lunghezza d’onda.
Motivazione: come tenerla viva?
“Se c’è una caratteristica che quasi tutti i leader hanno, è la motivazione. Essi sono competitivi con se stessi e con i compagni allo stesso modo. Essi fissano obiettivi e i metodi di misura per quantificare quanto bene abbiano soddisfatto tali obiettivi”. (Daniel Goleman).
La motivazione è un fattore intrinseco, che viene da dentro: è quella spinta che ci ha portato fino a dove siamo adesso e che – se la alimentiamo – ci porterà verso il successo, dandoci l’energia per andare avanti.
Perdere la motivazione è estremamente facile. Spesso, lungo il nostro percorso, perdiamo di vista i nostri obiettivi e iniziamo ad agire meccanicamente, quasi per inerzia. In questi momenti tutto ciò che dobbiamo fare è fermarci e focalizzare tre concetti fondamentali:
- Qual è la nostra meta? La meta è la vision della nostra azienda: come ci vediamo tra 5, 10, 100 anni? Ad esempio, possiamo vedere un’azienda composta da un gruppo di persone entusiaste e motivate, che lavorano sinergicamente producendo e servendo prodotti di valore per i propri clienti.
- A quale scopo vogliamo raggiungerla? Una volta fissata la meta, iniziamo a chiederci perché vogliamo raggiungerla. Scopo : Dare all’organizzazione della mia AZIENDA, le capacità per autofinanziarsi ed accumulare un Patrimonio Pecuniario ed Immobiliare crescente, godendo dell’appoggio di collaboratori ben retribuiti.
- Quali mezzi stiamo impiegando per raggiungere la nostra meta? Se vogliamo che le nostre idee diventino realtà non possiamo sperare che lo diventino per magia. Se, ad esempio, vogliamo un’azienda composta da persone entusiaste, dobbiamo essere noi a mantenere alto il morale con la nostra leadership, come visto nei paragrafi precedenti. Se vogliamo lavorare con dei professionisti dobbiamo puntare molto sul recruiting e sulla formazione dei nostri collaboratori, e così via. Siamo noi gli artefici del destino della nostra azienda. Ad esempio, proseguendo con lo scenario prima esposto, potremmo voler raggiungere questa meta affinché i clienti siano sempre autenticamente entusiasti del prodotto o servizio che offriamo.
Libri di testo citati in questo articolo:
“Perché le persone più intelligenti nel senso tradizionale del termine non sono sempre quelle con cui lavoriamo più volentieri o con cui facciamo amicizia? Perché i bambini dotati ma provenienti da famiglie divise hanno difficoltà a scuola? Perché un ottimo amministratore delegato può riuscire un pessimo venditore? Perché, sostiene Goleman, l’intelligenza non è tutto. A caratterizzare il nostro comportamento e la nostra personalità è una miscela in cui il quoziente intellettivo si fonde con virtù quali l’autocontrollo, la pervicacia, l’empatia e l’attenzione agli altri: in breve, l’intelligenza emotiva.”